Disobbedire al presente: la risposta al virus dei Centri di Aggregazione

È stato un rumore lontano, poi avvertito sempre più in vicinanza fino al frastuono che ci ha travolti. Decreti, comunicati, restrizioni martellavano nelle teste la prospettiva che, se ci si fosse attenuti alle regole, il peggio sarebbe passato più velocemente e il Paese sarebbe tornato a produrre. Appariva tutto lineare e giusto eppure qualcosa non tornava, qualcosa ha tardato a entrare in agenda, a essere incluso nei piani e nelle programmazioni, diventando dunque sacrificabile. La relazione, il contatto, la prossimità fisica e quella emotiva erano diventate immagini di sfondo, tanto all’inizio sembravano bastare gli inni nazionali stonati dai balconi e gli slogan alla “andrà tutto bene”.
No, non andrà tutto bene, anzi andrà molto male se non inseriamo nel racconto la ricerca di altre soluzioni, che ci smarchino dall’efficacia assertiva di una frase a effetto e anche dalla solidarietà materiale, che pure è urgente ma che si ferma alla tutela della sola biologia, della “nuda vita”.

E’ trascorso tempo a sufficienza per poter rimettere al centro l’essere umano, le relazioni, gli scambi, che sono aspetti della biologia sociale e affettiva che vanno esercitati continuamente e assiduamente.
È questo ciò che non andava ed è questa la motivazione che ci ha spinti a reinventare le forme d’aggregazione nei tempi che viviamo. I nostri Centri di Aggregazione Giovanile erano spazi di prossimità e di contatto che potevano finire frantumati dall’impatto con l’emergenza che ha investito tutto. Eppure, tra molte difficoltà, questi spazi hanno trovato la capacità di interrogarsi, di rigenerarsi e di proporsi, diventando avamposti di socialità, di espressione, di ascolto che hanno rinunciato a quella che sembrava la loro essenza, vale a dire quell’aggregazione fisica che addirittura questi spazi li nomina.

E invece le donne e gli uomini che curano i CAG, e le ragazze e i ragazzi che li animano, hanno prodotto nuove forme, attraverso i sistemi di comunicazione online, che però parlano la lingua di sempre: studiare, comprendere, socializzare, scherzare, cantare, suonare, agitarsi, disegnare, inventare. Perché senza questo, senza questo atto di resistenza creativa, che dunque resiste alla forza contraria ma che nel frattempo la inventa, la reinventa, la modella, senza questo non andrà bene un bel niente.

Non abbiamo la pretesa che tenere attivi i nostri CAG online sia risolutivo, anche perché ci troviamo al centro della tempesta e appare ingenuo provare a comprenderla da qui, mentre ancora vi vortichiamo dentro, ma abbiamo la convinzione che potrebbe andare molto peggio se non ci esercitiamo nella relazione con l’altro, ridefinendola in risposta a questa situazione.
Se vogliamo è un atto di disobbedienza: disobbediamo a questo presente con l’organizzata e caotica gioia che sono i Centri di Aggregazione Giovanile.

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