Accoglienza diffusa di richiedenti asilo

“La promozione di un’accoglienza di qualità, l’inserimento in contesti dove l’elemento dominante è la relazione con l’altro, è la sola via che riteniamo percorribile per il riconoscimento dei diritti inalienabili ed universali, per la realizzazione d’inclusione sociale”

Da luglio 2017 ad ottobre 2021 Arci Solidarietà Onlus e Arci Roma gestiscono un progetto SPRAR in Convenzione con il Comune di Roma. L’intervento è rivolto a 72 donne con minori ospitate, attraverso un sistema di accoglienza diffusa e in autonomia, in 11 appartamenti distribuiti sul territorio comunale.

La scelta di tale tipologia di accoglienza diffusa si basa sull’idea che le beneficiarie possano sviluppare autonomia e sinergie con la comunità locale, attraverso la conoscenza diretta, misurandosi con la realtà che le circonda, in una condizione semi – protetta e accompagnata dall’equipe multidisciplinare, provando a rompere quel muro di ostilità e pregiudizio troppo spesso alimentato e influenzato negativamente dalla cattiva informazione. L’accoglienza intende restituire autonomia e potere nella gestione degli spazi e della propria vita, dare dignità alle storie personali, raccontate attraverso il fare quotidiano, nel rapporto con il vicinato, creare legami virtuosi con la comunità ospitante ed educante. Crediamo infatti in un aspetto propedeutico a tutte le altre azioni necessarie per realizzare un percorso di inclusione.

Il progetto è composto da un’equipe multidisciplinare composta da Mediatori Culturali, Educatrici, Assistenti Sociali, Psicologi, Operatori sociali e Operatori legali, Insegnant con la Certificazione DITALS. L’organizzazione interna prevede la suddivisione dello staff nelle nelle seguenti aree:

  • Area Sanitaria
  • Area Formazione e Lavoro
  • Area Logistica per la co gestione degli appartamenti con le beneficiarie coinvolte
  • Area Legale
  • Area minori e insegnamento dell’italiano come L2

Siamo profondamente convinti che l’accoglienza in appartamenti, al contrario che in grandi centri collettivi, possa rappresentare la traduzione concreta di un approccio alternativo a quello emergenziale che i grandi centri invece rappresentano e rimandano alla comunità ospitante, creando tra le altre cose anche una netta separazione tra chi è dentro tali strutture e chi è fuori. Siamo convinti che questo non sia solo ostativo a percorsi di inclusione e a pratiche di cittadinanza ma rappresenti il contesto ideale per far nascere e alimentare stereotipi sui migranti o, peggio ancora, campagne razziste e xenofobe.

La promozione di un’accoglienza di qualità, l’inserimento in contesti dove l’elemento dominante è la relazione con l’altro, è la sola via che riteniamo percorribile per il riconoscimento dei diritti inalienabili ed universali, per la realizzazione d’inclusione sociale attraverso la promozione e l’incontro di storie e culture di diversa provenienza anche grazie all’attivazione di reti composte da quanto il territorio e la comunità locale offre.

Siamo, inoltre, convinti che anche grazie all’inserimento delle persone accolte si possa costruire o meglio ricostruire quella cultura della solidarietà, di mutualismo, di aiuto attraverso la pratica del lavoro sociale, di mediazione, di decostruzione degli stereotipi e pregiudizio per sconfiggere paura, diffidenza e odio.