8 marzo, #nientedafesteggiare

Clara Ceccarelli, uccisa il 19 febbraio dall’ex compagno con trenta coltellate, due settimane prima si era pagata il funerale e aveva contattato un tutore per l’assistenza al figlio disabile e al padre ammalato. E non è nemmeno l’ultimo caso di femminicidio in Italia, in quest’anno che è appena iniziato. 

Solo tre giorni fa l’ennesimo caso di stupro, di una ragazza aggredita nel parco di Villa Gordiani, a Roma, mentre faceva jogging. Nel frattempo, tra pailettes e cifre da capogiro andava in onda un Festival di Sanremo particolarmente sessista: fiori regalati solo alle cantanti (e che di tutta risposta li hanno regalati ai loro compagni in gara), la direttrice d’orchestra che precisava la sua volontà di essere chiamata “direttore” perché “la parità di genere è un’altra cosa”, ignorando di fatto grammatica e percorsi durati decenni, scatenando tutti quelli che “avete anche rotto con questa storia dei termini declinati al femminile”; infine il monologo di Barbara Palombelli che esordisce dedicando la serata “alle donne, alle mamme, alle nonne perché hanno un compito delicato, quello di tenere il paese, perché tengono la scuole aperte attraverso i tablet, tengono le famiglie tranquille, accudiscono”.

E intanto le donne perdono il lavoro, perché nella gestione durante il lockdown (ma anche nel periodo successivo) è emerso con prepotenza un dato già molto noto, solo più sotterraneo: le donne rinunciano alla carriera per badare alla famiglia. Tralasciando il dislivello nelle retribuzioni, c’è un problema di occupazione femminile che sta a monte: fin dall’inizio del 2020 il Censis rilevava che le donne rappresentano circa il 42% degli occupati complessivi del paese e il tasso di attività femminile si piazzava al 56% circa, contro il 75% degli uomini.

Ancora, sono 7 milioni le donne che hanno subito violenza almeno una volta nella vita (fisica o sessuale, fino a casi più gravi come stupro o tentato stupro). 

8 marzo, #nientedafesteggiare

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