Di seguito il Manifesto “Un ponte di corpi” promosso dall’attivista Lorena Fornasir sulla rotta
balcanica, al di là e al di qua del confine, tra Bosnia e Trieste.
Il 6 marzo si manifesta pienamente un attentato alla vita: dalla madre terra, come la chiama Vandana Shiva, da una natura sistematicamente devastata, a un interminabile processo di distruzione ovunque nel mondo: stiamo assistendo a una specie di trionfo della morte.
Il carrettino verde, carico di cose per far vivere, che accoglie chi riesce a varcare il bordo mortifero del confine, è invece storia e memoria di una pratica della cura che le donne conoscono bene, non come gesto sacrificale ma come competenza di stare, essere in presenza dell’altro, conosciuto o sconosciuto, perturbante o estraneo.
La donna con il suo corpo pensante, è l’anticonfine per eccellenza.
Il corpo della donna contiene in se stesso la negazione del confine perché è un corpo naturalmente aperto attraverso l’atto più intenso del generare, del portare alla luce l’ALTRO da SÉ.
La cura per l’altro può diventare il ricamo di una mappa creativa dove l’amore tiene assieme i legami spezzati da una parte all’altra del mondo. Madri lontane, in un mandato tacito e di dolore, ci consegnano la vita dei loro figli.
Noi siamo coloro che dicono no allo scontro di razza, perché pensiamo che nel mondo dei morti nessuno è inferiore all’altro.
Noi siamo coloro che dicono no al razzismo, perché da sempre siamo state la prima razza
considerata inferiore proprio in quanto geneticamente aperte alla vita e sue portatrici: questa condizione ‘naturale’ è diventata storicamente un servizio!
Noi siamo coloro che gridano al mondo che non c’è nessun dio e nessun bene, quando migliaia di esseri umani muoiono a causa dei confini.
Noi siamo coloro che maledicono i confini perché quelle strisce di terra o di mare sono bagnate di
sangue, selezionano chi può passare e chi no, chi può vivere e chi può morire, chi può essere torturato e chi può essere deportato.
Noi siamo coloro che vogliamo alzare alta la voce della maternità, che è la voce della solidarietà,
della vita che altre donne hanno generato consegnandola ad altre madri del mondo affinché la
conservino e la promuovano.
Vorremmo essere in tante ad accorrere sul confine, ad attraversare il confine, ad andare incontro a
chi è bloccato nell’inferno della Bosnia, in gruppo, in gruppi, in massa, a ribellarci alla morte… noi
lo possiamo fare meglio di chiunque… costruiamo un movimento di donne per aprire tutti i
confini…!
Lista di iniziative nelle città qui:
https://www.facebook.com/pg/unpontedicorpi/events/?ref=page_internal




