Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

Nel 2021 sono 200 milioni le donne e le bambine che hanno subito mutilazioni genitali femminili. Di queste, 44 milioni sono ragazze che non hanno ancora compiuto 14 anni. In molte zone del continente africano le mutilazioni genitali femminili sono un reato ma, purtroppo, come si evince dalle testimonianze di molte donne, la mutilazione è considerata una pratica identitaria, e il divario tra l’esistenza di una legge e la sua applicazione nelle aree più remote esiste ancora.

Esistono allo stesso tempo anche casi positivi, come quello di Nice Nailantei Leng’ete, cresciuta in un villaggio rurale in Kenya, che a 9 anni è riuscita a sottrarsi all’infibulazione. “Quando ti fanno il ‘taglio’ non puoi nemmeno gridare. Le braccia e le gambe vengono legate, la bocca deve rimanere serrata, gli occhi fissi, pena l’onore della famiglia”. Ma quel giorno lei è scappata, e da allora si batte per salvare le donne del suo paese da questa pratica e per garantire loro il diritto all’istruzione.

Non basta una Giornata all’anno a ricordare questa pratica così barbara eppure ancora attuata in almeno 30 paesi africani. È necessario attuare piani di azione nazionali per porre fine a quest’usanza, realizzare attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche, formazione del personale sanitario.

Si tratta di un percorso ancora lungo e non lineare, che deve coinvolgere anche i paesi europei, ma è la sfida cui siamo tutti chiamati a concorrere. Solo così potremo vincere una battaglia che è di civiltà e umanità insieme.

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